mercoledì 9 novembre 2011

Alessandro Ricci


GIULIANO *


Allora Giuliano, dopo
una notte insonne ma non
inquieta, all’alba quando
ogni tenda del campo
gli parve una duna come
ben oltre le sabbie,
infinite a perdita d’occhio, lisciate
dal levante che le invadeva, le issava
in un mare di chiaro: 
                                         là:
percorrendo piano il perimetro
senza il contegno del capo,
rispondendo con un sorriso
al saluto quasi commosso
delle guardie di turno,
insonnolite all’ora del cambio
saluti e sorrisi così simili
a quel lontano silenzio vibrato
nell’aria ferma, così diversi
dall’uso, così
nuovi –, pensò alla consapevolezza
e ai sussurri, a quella morbida
e rassegnata complicità,
pensò alle navi
che s’era bruciato alle spalle
i cui fumi forse si mescolavano
al velo gentile dell’enorme
giornata che si gonfiava,
ad altri pochi momenti,
in un solo ricordo adunati,
invadente ma non spietato,
senza rimpianti.
                                Poi,
pensando a tutti
i suoi uomini che di lì a poco la tromba
avrebbe svegliati, si disse piano
che suoi erano pure l’errore e la colpa
del destino che li attendeva, ma non
del suo, cui mancava
appena qualcosa,
un gesto,
per la piena armonia.


* Giuliano l’Apostata. All’alba della disfatta subita dai persiani nella battaglia del 25 o 26 giugno del 363 d.C.

Da I cavalli del nemico, Il Labirinto, 2004

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