UN
DORMIENTE RUMOROSO
I.
1958
Il
dormiente rumoroso
nell’altra
stanza è mio
Nonno
il cui russare fa su & giù
su
& giù come una lampo. Più profondo
ancora
più profondo per il buio
il
suo respiro pesante s’arrampica
&
discende
come
la luna come il giorno
come
Cinny che io volevo
tanto
che restasse
qui
con me in questo letto troppo grande
per
me solo. Ma Cinny quando lasciai che se ne andasse
sparì
nel buio
col
ticchettio delle sue zampette
e
le piccole fessure
del
naso nero aperte
e
neanche un brivido lungo la schiena
per
ciò che là fuori forse
l’aspettava.
È stesa nella notte, lo so,
tranquilla
su qualche pavimento
con
il corpo acciambellato
in
un anello sicuro, nel centro
peloso
del quale la sua testa
entra
perfettamente.
Per
portafortuna, lui tiene nella scrivania
un
centesimo con l’effige
di
un indiano e l’anno
della
sua nascita, il 1898.
Mi
promise di cercarne
uno
anche per me, un portafortuna
del
1953.
Qualunque
cosa
ci
sia di sbagliato
so
che c’è bisogno
d’essere
accorto, forte
semplicemente
benché
un respiro simile
sia
troppo grande per questa casa
dove
dormiamo insieme,
io
& lui, ma io non
dormo.
II.
1983
Ricordare
adesso,
Dal
limite delle memorie
Più
precoci che sprofonda,
I
rumori notturni di quell’uomo,
Mio
nonno, vuol dire sapere
Che
anche a cinque anni si possono
Accettare
rassicurazioni come
Se
fossero credibili mentre
Si
continua oscuramente a rimuginare
Le
cose – a vedere quanto presto
La
mente impara a trovare un accordo
Con
la complessità dell’ignoranza,
Mentre
si comincia a sapere
Che
non si sa.
Ora,
qualunque fosse in realtà
L’ignota
causa che quella notte
Mi
piazzò nel letto di quel gigante
(Una
malattia in famiglia?
Qualche
vecchio inaudito litigio?
O
più probabilmente un disastro sorto
Dal
fuoco dell’immaginazione eccitata
Di
un bambino… ), essa passò
Come
notte che sfuma nell’alba,
Inosservata
e alla fine senza lasciare
Traccia
mentre se ne andava alla deriva,
Lontana
dalla mente. Scomparsa –
Come
l’esistenza
Di
tutti gli altri in quella casa. Certo,
Anche
mia nonna era lì che
Dormiva
o, come me, che fingeva
Di
dormire, ma non ne ricordo
La
presenza, o chi quel giorno
Avesse
giocato con me, o cosa scomparve
Il
giorno dopo. No, nel ricordo
Ci
sono solo due persone
Completamente
sole: nonno e io,
Uniti
dalla distanza
Di
una notte che scende
E
si rialza di continuo.
Eppure,
dati i suoi
Limiti,
ancora ci stupisce il potere
Che
ha la memoria di restituire
Il
senso di timore di quel bambino,
O
il modo con cui prende un vecchio
Morto
ormai da circa vent’anni
E
ce lo riavvicina, abbastanza
Da
poterne sentire il saliscendi
Lento
del respiro, proprio
Come
se il suo fosse ancora
Quel
tipo di sonno – rotto
Da
grugniti meditativi e rauchi
Rantoli
di assenso – dal quale
Potesse
essere ancora svegliato.
Traduzione
di Aldo Rosselli e Nail Chiodo
da
Between Leaps – Poems 1972-1985, Oxford University Press,
1987
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