venerdì 4 novembre 2011

Brad Leithauser


UN DORMIENTE RUMOROSO

                    I. 1958

Il dormiente rumoroso
nell’altra stanza è mio
Nonno il cui russare fa su & giù
su & giù come una lampo. Più profondo

ancora più profondo per il buio
il suo respiro pesante s’arrampica
& discende
come la luna come il giorno

come Cinny che io volevo
tanto che restasse
qui con me in questo letto troppo grande
per me solo. Ma Cinny quando lasciai che se ne andasse

sparì nel buio
col ticchettio delle sue zampette
e le piccole fessure
del naso nero aperte

e neanche un brivido lungo la schiena
per ciò che là fuori forse
l’aspettava. È stesa nella notte, lo so,
tranquilla su qualche pavimento

con il corpo acciambellato
in un anello sicuro, nel centro
peloso del quale la sua testa
entra perfettamente.

Per portafortuna, lui tiene nella scrivania
un centesimo con l’effige
di un indiano e l’anno
della sua nascita, il 1898.

Mi promise di cercarne
uno anche per me, un portafortuna
del 1953.
Qualunque cosa

ci sia di sbagliato
so che c’è bisogno
d’essere accorto, forte
semplicemente

benché un respiro simile
sia troppo grande per questa casa
dove dormiamo insieme,
io & lui, ma io non dormo.


                    II. 1983

       Ricordare adesso,
Dal limite delle memorie
Più precoci che sprofonda,
I rumori notturni di quell’uomo,
Mio nonno, vuol dire sapere
Che anche a cinque anni si possono
Accettare rassicurazioni come
Se fossero credibili mentre
Si continua oscuramente a rimuginare
Le cose – a vedere quanto presto
La mente impara a trovare un accordo
Con la complessità dell’ignoranza,
Mentre si comincia a sapere

       Che non si sa.
Ora, qualunque fosse in realtà
L’ignota causa che quella notte
Mi piazzò nel letto di quel gigante
(Una malattia in famiglia?
Qualche vecchio inaudito litigio?
O più probabilmente un disastro sorto
Dal fuoco dell’immaginazione eccitata
Di un bambino… ), essa passò
Come notte che sfuma nell’alba,
Inosservata e alla fine senza lasciare
Traccia mentre se ne andava alla deriva,
Lontana dalla mente. Scomparsa –

       Come l’esistenza
Di tutti gli altri in quella casa. Certo,
Anche mia nonna era lì che
Dormiva o, come me, che fingeva
Di dormire, ma non ne ricordo
La presenza, o chi quel giorno
Avesse giocato con me, o cosa scomparve
Il giorno dopo. No, nel ricordo
Ci sono solo due persone
Completamente sole: nonno e io,
Uniti dalla distanza
Di una notte che scende
E si rialza di continuo.

       Eppure, dati i suoi
Limiti, ancora ci stupisce il potere
Che ha la memoria di restituire
Il senso di timore di quel bambino,
O il modo con cui prende un vecchio
Morto ormai da circa vent’anni
E ce lo riavvicina, abbastanza
Da poterne sentire il saliscendi
Lento del respiro, proprio
Come se il suo fosse ancora
Quel tipo di sonno – rotto
Da grugniti meditativi e rauchi
Rantoli di assenso – dal quale
Potesse essere ancora svegliato.


Traduzione di Aldo Rosselli e Nail Chiodo



da Between Leaps – Poems 1972-1985, Oxford University Press, 1987

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