LE
FOGLIE
Chissà
perché le foglie si sono agitate, le madri
celesti
della terra. Io che non acciglio loro
ancora
e non ricordo cosa siano né perché si lasciano
recidere.
Il vento ha brevi attacchi come un malato,
elimina
la forma fragile della bocca devastata.
Bisogna
che io parli loro come a immutabili santità
misere
sorelle fiatevoli del perdòno.
Si
sono racchiuse nelle mani in un pugno morente.
Tutta
l’eternità è vuota davanti a loro.
Hanno
gremito le strade quando è triste
il
soggiorno e imputridiscono deferite alla marcezza.
Le
calpestiamo ai bordi delle pietre, sfinite
e
inutili come nella visione che travolge ogni senso
e
attaccate alle suole vibrano di tremiti.
Io
sono come una di queste, mi frastorna
la
pungente ira della ghiaia sotto cui sono quando
scicchiola
il passo malinconico che rincasa stordito
e
scorge la luce della scala monotona e sorda,
e
io sono con l’anima di ciascuno devastante tristezza.
Da Una
cosa sublime, Einaudi, 1982
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