UNA SPEDIZIONE FALLITA
L’ufficiale di Serse non ebbe
più nulla da dire partendo
dal Paese di Punt. L’equipaggio
issava l’unica rossa vela
della feluca
mentre salpavano.
Guardava l’acqua che li rapiva,
le tende sulla marina
e le facce bruciate e gli uccelli
quanti
che vi restavano.
Là aveva goduto donne
e amici fedeli senza usare
le armi. Questo, che mai
gli era successo, al Re
l’avrebbe taciuto. Così le oasi
e le lunghe ore d’incenso
della terra di Apsah
nel rapporto a Persepoli: «Una sabbia
inutile e senza figli, indegna,
Serse, della tua grandezza
e del mio bottino».
Quegli stranieri
non finivano di salutarlo, minuscoli
dalla sponda. Il cielo era
duramente magnifico.
Se ne andava con la vergogna
che l’aveva deciso, e un nuovo rimorso,
e la condanna di venti,
trenta anni da vivere
nel suo Impero.
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