venerdì 27 gennaio 2023

Alessandro Ricci

 LETTERA IN VERSI AL PADRE

 

Caro papà, ti scrivo in versi per le solite

ragioni di stile ma non col dizionario

dei sinonimi e senza

intenzioni di pubblicazione

o lettura.

                 Ti scrivo credo per

vigliaccheria – «Papà, c’è

l’inferno?» – e perché non ho

dèi, né cristi né madonne

più importanti di te dall’altra

parte della barricata. Non

credere – ma spero che tu non

pensi, che tu non senta – ch’io

faccia subito, ora, quanto tu

hai sempre temuto per me.

Che paura viene.

Oggi ho rallentato sulle pozzanghere

dell’Ardeatina, ho provato i freni

più volte dopo ogni

guado, pulito i vetri di destra perché

completamente appannati.

                                                  Però mi sono chiesto:

«Se uomini soddisfatti o comunque calmi

non hanno saputo costruire cunette

e tombini e rappezzi stradali

in macadam bitumato – ricordi? –, come

posso io col cuore più schiantato che

nel momento della tua morte, non dico

amare o produrre qualcosa

di grande o rasserenarmi

alla noia, ma fare il mio sciocco

lavoro, rispondere alle domande

semplici della gente, farmi

i caffè?».

                 Caro papà, io spero

proprio che tu sia morto

del tutto, che non provi quest’altro

dolore che ti do. Parlo a te

giovane, quando ’sta cosa non

m’era avvenuta e tu già

la temevi e ne eri triste

perpetuamente.

                             Ti chiedo scusa,

scusa sul serio. E ancora: se

mi perdoni, se non ti riguarda, se

non senti più né caldo

né freddo, papà, che cosa

devo fare?


da Tutte le poesie, Europa Edizioni, 2019

 

 

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