lunedì 6 novembre 2023

Lars Gustafsson

 Ci sono libri nei quali ci si perde, nei quali si entra per perdersi, perché non si vuole più uscirne. Sono quelli che indagano l’anima o il mistero di sé. 

Di ognuno di questi libri offro solo l’incipit, ovvero il primo, o i primi paragrafi; di qualcuno, l’ultimo o gli ultimi, ovvero l’explicit. Spero, per voi che leggerete, che servano d’invito a perdervi in essi.

Posso citarne molti (ovvero, posso citare alcuni di quelli nei quali mi sono perso io, perché forse ognuno ha i suoi). Dopo quelli della settimana scorsa, ecco l'ultimo dello stesso autore:



IL POMERIGGIO DI UN PIASTRELLISTA

C’era un uomo chiamato Torsten Bergman, esile e bianco di capelli. Era piastrellista, nato nel 1917. E quindi quel grigio mattino di novembre del 1982 on cui questa storia ha inizio, a Uppsala, aveva già sessantacinque anni. Dormiva in un letto che un tempo era stato doppio e matrimoniale. Adesso era singolo, e con lenzuola mal lavate. Vecchi giornali e qualche bottiglia vuota giacevano sparsi qua e là sul pavimento, in un angolo c’era ancora il vecchio tappeto nero pieno di peli dove usava dormire il cane.

    La giornata incominciò nell’unico modo possibile: l’erba già morsa dalla prima gelata, il cane sparito da giorni, tutto vago e incerto, la sua vita più di ogni altra cosa. Il guardino in disordine, l’aspetto dissestato. La casa era vecchia, di un legno che un tempo era stato verde, diventato ora di un azzurro quasi grigio e scrostato. Stanchi rami di vecchi meli pesanti pendevano minacciosi sopra la veranda marcia. Il giardino era un affastellato, confuso monumento a tutte le opere della sua vita. E qualcuno avrebbe forse detto: ai fallimenti.

 

Tradizione di Carmen Giorgetti Cima

Da Il pomeriggio di un piastrellista, Iperborea 1992


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