lunedì 13 novembre 2023

Vintilǎ Horia

  Ci sono libri nei quali ci si perde, nei quali si entra per perdersi, perché non si vuole più uscirne. Sono quelli che indagano l’anima o il mistero di sé. 

Di ognuno di questi libri offro solo l’incipit, ovvero il primo, o i primi paragrafi; di qualcuno, l’ultimo o gli ultimi, ovvero l’explicit. Spero, per voi che leggerete, che servano d’invito a perdervi in essi.

Posso citarne molti (ovvero, posso citare alcuni di quelli nei quali mi sono perso io, perché forse ognuno ha i suoi), a cominciare dal più enigmatico di tutti, il Pedro Páramo di Juan Rulfo. Oggi è il giorno di 


DIO È NATO IN ESILIO

Chiudo gli occhi per vivere. Per uccidere, anche. In questo sono il più forte: lui chiude gli occhi soltanto per dormire e nemmeno il sonno gli dà conforto. Le sue tenebre pullulano di morti, di crudeltà che lo ossessionano. Io so che a lui non piace il riposo, come non piace a tutti i grandi della terra. Il riposo lo lascia solo con la sua coscienza e i suoi rimorsi, col rimpianto di avere agito sempre da potente, da uomo terrorizzato dal proprio potere. Una volta, cinque anni or sono, lo incontrai al tempio, di mattina, appena sveglio. Aveva gli occhi rossi, gonfi di stanchezza e non aveva il coraggio di guardarci, per paura che si potessero decifrare nel suo sguardo il nome o i tratti di coloro che lo avevano tormentato durante la notte. È adorato come un dio, ma nessuno lo ama. Infatti, è l’autore della Pace universale e ha creato il più grande impero di tutti i tempi, ma è anche l’autore della Paura, la paura degli altri e la sua.

Traduzione di Marino Monaco

Da Dio è nato in esilio, Castelvecchi, 2015

 


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