DUE POESIE
*
Giallo, livido sopra Monte
Velino s’inalza
il disco che illumina l’aia.
Ma l’aia non suona di
grida.
Non ci siamo stati che noi,
bambini?
In una sera come questa,
ora sono dieci o dodici anni
t’ho strette le mani
giocando,
fra il pagliaio ove siedi e
la casa,
scotendomi la febbre le
vene.
Certo, non ricordi. Che
vuoi?
Da quella sera, la luna –
tante volte s’è rinnovata,
e la tua bocca, come la luna
– anch’essa s’è rinnovata.
Congedo
Sottoterra non vive spirito
o senso:
le ceneri peregrinano, poi
si confondono.
Atomi elevano le montagne,
monumenti,
che illuminano lampade,
senza ricordo accese.
Dolce per me sarebbe e per
te profondare nella quiete,
sul tuo seno assaporo una
più certa morte;
non più ascolteremmo,
sparte membra nel suolo,
scendere di soppiatto, fra
le viti, la sera.
Per noi, sulle montagne, ora
s’accenderebbero
quelle immobili lampade
sepolcrali.
Da
Passione
e oblio,
Il Labirinto, 1998
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