lunedì 12 dicembre 2011

Enrico Fracassi


DUE POESIE


*

Giallo, livido sopra Monte Velino s’inalza
il disco che illumina l’aia.
Ma l’aia non suona di grida.
Non ci siamo stati che noi, bambini?
In una sera come questa,
ora sono dieci o dodici anni
t’ho strette le mani giocando,
fra il pagliaio ove siedi e la casa,
scotendomi la febbre le vene.
Certo, non ricordi. Che vuoi?
Da quella sera, la luna – tante volte s’è rinnovata,
e la tua bocca, come la luna – anch’essa s’è rinnovata.



Congedo

Sottoterra non vive spirito o senso:
le ceneri peregrinano, poi si confondono.
Atomi elevano le montagne, monumenti,
che illuminano lampade, senza ricordo accese.

Dolce per me sarebbe e per te profondare nella quiete,
sul tuo seno assaporo una più certa morte;
non più ascolteremmo, sparte membra nel suolo,
scendere di soppiatto, fra le viti, la sera.
Per noi, sulle montagne, ora s’accenderebbero
quelle immobili lampade sepolcrali.


Da Passione e oblio, Il Labirinto, 1998

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