MANIERA
I.
Se
nomino i tuoi occhi, questi
perdutamente
scaduti oggetti
di
poesia, gemine gemme che gli austeri
poeti
antichi incastonavano nei loro versi:
non
è per accendere i miei di freddi
fuochi,
farli rilucere col facile effetto
del
colore evocato, l’azzurro, è il tuo
caso,
però cangiante che trascolora
nel
verde e nel grigio del più volubile
berillo;
ma perché dei miei versi
il
fuoco accerchi quei gelidi gemelli,
le
loro luci elusive accalori,
e
si rovesci il tempo: i bei cristalli
addormentati
si riaprano fiori.
II.
Quante
volte li ho pensati occhi
di
Minerva, cerule luci
minerali
che nessun fuoco altera
nella
loro altèra chiaria: intenta
alla
lettura o nella turrita
tua
tristezza di reclusa, se gelidi
lampi
raggiano quegli astrali
globi
o si accendono dei fatui
fuochi
danzatori dei sorrisi: Atena
senza
attrezzi di guerra, persa
nei
tuoi aerei pensieri – tu sei
il
mio vivo palladio e fuoco e lume
dei
miei versi è il raggio di questi
calunniati
oggetti celesti.
da
L’opera
della vita,
Edizioni della Cometa, 1986