APPARIZIONI
VIII
Il querceto, il
caprifoglio,
il cedro poderoso,
il lillà pechinese,
lo splendore violento
dell’aconito in estate,
il roseto sotto il
sole,
la nebbia rossa dei
melograni,
il riverbero dello
sguardo,
la chiesa delle mele
verdi,
il colore delle canne
al vento,
la parola del fango e
del pantano,
il carrubo ardente,
calendula e begonia,
il garofano della luce
più bianca,
i roveti,
il fiume che parla come
muschio,
la pianta che parlando
respira,
camminando in un
silenzio fatto di vibrazioni,
avanzando nell’acqua,
come il vento,
quando il chiarore ci
inebria e trasfigura,
fusi col rosso delle
nubi,
tutto le lance
distruggono:
lo steccato e il
sentiero,
la pera azzurra sotto
un cielo iridescente
quando annotta,
l’edera offuscata e
tragica,
il pepe che si
corrompe,
i crepuscoli d’acqua,
le lance distruggono
tutto, sulle strade
risuona un cigolio
aspro di ruote
di carrozze morte, di
legname e carcasse,
odore di sandalo
marcio,
lividore d’alberi
saccheggiati,
lance di luce e d’oro,
saccheggio del pisello
o del nespolo,
fulgore di selvaggina
e vecchi fucili,
il padiglione di
caccia,
un pergolato scuro,
il corpo di una donna
che è un inferno di seta,
umido come le foglie
bruciate
in un bosco a novembre
quando la luce
ha il colore e il
sapore della cenere
e dai tronchi
trasudano resina e altri umori
che sanno di radici e
di frutta marcita,
che hanno un gusto d’urina
femminile,
calda e perlata come
una notte d’ambra,
e il gusto dei ricordi
dell’estate
quando le lance arano
le stoppie dell’inverno.
Ieri ho visto un’apparizione:
di notte, sotto il
portico, la regina dei campi
e dei frutteti, regina
dei doni
e delle offerte.
Quando l’equinozio
dissolve queste
nebbie,
quando il raccolto è
un fiume di pannocchie
e di sangue
fruttescente,
quando la falce taglia
l’aria liscia come un anello,
eccola, la regina
dei falò e dei
cantoni;
regina delle ghirlande
e della linfa,
del fiore e del
frutto;
regina nuda come un
fuoco fatuo
vestita col mantello
imperiale dei boschi;
regina dell’acqua e
dei tronchi,
invocata ai focolari
con carbone e brace,
colei che, quando
annotta, reclamano dai crocchi
quelli che sono ormai
solo una voce nella notte.
Regina del tempo e dei
dintorni,
ferita ardente
nella pelle viva del
chiarore;
regina d’oro alle
nozze degli alberi,
della luce che palpita
nella grotta;
regina del canto
intonato dai salici;
regina del seme di
luce,
dell’olivo e delle
voci della vite;
regina dello splendore
del campanile,
sentita nel petto come
un suono di campana
chiaro e luminoso che
ricordiamo
quando il sonno spande
vetri di tenebra.
Questo rumore, così
tenue
da non essere un
rumore,
morbido come pelle di
magnolia;
questo chiarore opaco,
qualcosa che dà un suono
profondo come l’ombra
di un giardino,
qualcosa che
ricordiamo dopo avere vissuto;
questo rumore che
rischiara
e che ci fa più
luminosi,
rumore di stagioni e
oscurità,
ciò che forse saremo,
rumore d’acqua morta,
d’occhi di donna
quando albeggia,
dolci come una mandorla
nel buio;
è il rumore del tuo
ventre che tocca
le mie labbra, tiepido
come profumo
di cannella respirata
nella notte;
è la voce del mondo e
dei raccolti,
i canestri della luce
estiva e invernale,
il piombo
dell’autunno, la primavera bianca,
i roveti ed il miele,
gli alberi di fico in
fiore;
il rumore che ci
ascolta se l’ascoltiamo,
come la terra o il
nostro passato,
quel che ci darà un
mondo di foreste,
di trasparenze e
apparizioni;
è il rumore di questa
vita che trema,
la fiamma oscura che
ci portiamo in petto,
unico dono della vita,
pallido
e fragile, che noi
chiamiamo amore.
Traduzione di Francesco Dalessandro
Mamma mia quanta roba c'è dentro!Che bellezza
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