lunedì 20 dicembre 2021

Pere Gimferrer

APPARIZIONI 


VII

 

Un tubare di colomba,

        un volo sull’acqua,

bianco volo di tunica invisibile,

e voci – «Ascolta! Cosa guardavi?

Dove vai?» –.

                           Un’aquila in un cielo

compatto come il porfido o la serenità.

«Allora? Che vuoi fare? Dài, vieni!»

                                                                  Non mi pesa

questo peso d’erba e fango, di tralci,

vendemmia calda e nera del campo assolato,

sedimenti di luce, come un bicchiere

da cui si versi un vino rosso troppo forte.

Non pesa il peso del mondo nello sguardo

né brusio di voci quando sui balconi

gocciala il fuoco del crepuscolo. Occhi

teneri, iris e narciso in una sala vuota,

in uno specchio offuscato da tempo.

Voci che risuonano in strada, negli orti,

nei solchi del campo dove le piogge

d’aprile lasciano acque addormentate.

Voci pure, inquiete, ansietà d’aria tiepida

sotto sciami di luce dal cielo primaverile,

azzurro intenso che uccide, bianco freddo che istilla

morte, come acqua di lillà nel sogno.

Voci in fondo al ricordo – «Su, avvicinati.» –

che di notte ci fanno aprire gli occhi

per vedere un teatro di neve disciolta,

o che, per strada, fanno alzare il capo

per guardare fulgori. Perché nell’aria

c’è un mormorio di dèi. Il fruscio chiaro

di foglie d’acqua e di rose sfogliate,

corpi bianchi, seni e ventri, il sospiro

d’un letto d’amore, bianco di nubi, vento

di colombe, un pigolio di luce nei saloni

e sulle vetrate. Un dio, forse più forte,

col tridente fiammeggiante del crepuscolo,

romperà il vetro della balaustrata

aprendo il notturno spettacolo dei giardini

e della villa alla livida paura del tempo.

Non ci saranno fuori e dentro: solo

paura e agitazione in uno specchio,

stanze deserte che vedono il loro timore

nel timore del giardino divoratore.

Voracità e panico: quando il dentro

e il fuori si osservano, in uno spazio

abolito, perché pensato a distanza,

perché ora lo vedremo nel riflesso.

Deprederò il giardino? E, depredato,

il giardino deprederà la casa? Unica legge

in un mondo d’immagini è la legge

dei riflessi: guardare è divorare,

ed essere guardato essere divorato.

Costringiti, guardando il tuo riflesso,

a divorarti, con la fame insaziata

dell’immagine che divora l’immagine.

A te, per dire «Io sono», per esistere,

non occorre vedere la tua immagine

negli occhi? E un riflesso ti divora.


Traduzione di Francesco Dalessandro

 

 

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