venerdì 10 dicembre 2021

Pere Gimferrer

 APPARIZIONI


III

 

Passavano buoi scuri sulla strada

quando mi fermai ad ascoltare. Le lettere

liquide e luminose del distributore,

il rastrello sottile di un grillo. Si spargeva                                

olio sulla notte.

                             Ma là il mondo non c’era,

e c’era più che mai: suonava in lontananza

un corno da caccia.

                                    Io conosco la notte

sintetica, prigione di plastica ardente,

gelido e soffocante bagliore che respira

per opprimermi il petto. Ma il silenzio

si definisce in termini di notte naturale:

la notte della terra prima dell’uomo, notte

dell’uomo prima d’essere. Respirare, ma piano,

quasi non respirando, come se respirare

fosse l’unico vivere, e come se la vita

non bastasse per sentirci respirare.

Sentire che il mondo respira? Sì, a volte,

da un’altura, un’idea di potenza,

forse di pace che riconcili il mondo

con la sua apparenza. Da dentro a fuori,

una strada che separa quel che unisce:

gli estremi di ciò che è e di ciò che vediamo.

Pulsa come un motore lontano nella notte,

non smette mai. Farsi sordo, scappare

da quel rumore, come una preda nuda

dalla gola del vuoto, dalle fauci della notte

che ansima e si muove. Non inghiottito:

a distanza, sospeso, senza centro, saltar fuori

dal centro, vedere il mondo che respira.

 

Traduzione di Francesco Dalessandro

 

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